di Mirko Montaguti.
La festa del miracolo del nostro amato Crocifisso si celebrata il 6 maggio. Tuttavia già il 26 luglio si torna a rievocare nuovamente (e con tanta più solennità) l’evento prodigioso della vitella gambettolese alle prese con le bastonate del contadino, il quale non capiva perché mai fosse tanto importante per il giovane bovino inginocchiarsi proprio in quel punto del chiostro. Già, infatti è il 26 luglio che ricorre la festa del Santuario, che richiama tante persone da tutta la Romagna e non solo a ripetere il gesto della furba vitella…
Ma perché, se il miracolo è avvenuto il 6 maggio, festeggiare il 26 luglio?
Questo dubbio amletico mi ha sempre accompagnato da quando giovane postulante, 19 anni fa, in un giorno ottobrino di pioggia mi sono presentato al portone del convento di Longiano per iniziare qui la mia esperienza nell’ordine francescano. Quando cominciai a chiedere ai frati il motivo di questa scelta, non riuscii a ricevere una risposta convincente, tant’è che ad un certo punto cominciai a credere a quello che qualcuno - forse per scherzo o presa in giro - mi raccontò: “poiché qui siamo in campagna e il 6 maggio tutti sono impegnati nei campi a tal punto che nessuno potrebbe venire alla Messa, la festa è stata spostata a fine luglio quando i campi sono stati mietuti e molta frutta oramai è raccolta”. E io, dentro di me, pensavo che la terra di Romagna sapeva offrire vitelle così intelligenti, muli come quello che S. Antonio da Padova convinse ad adorare l’Eucarestia piuttosto che strafogarsi di biada, pesci tanto avveduti da fermarsi ad ascoltare la predica del Santo (fatti avvenuti a Rimini nel 1227)… e i contadini non potevano lasciare un’ora soltanto i campi per venire ad adorare il Signore crocifisso per noi?!?
Davvero azzeccate per quei contadini le parole dure del profeta Isaia: «Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone, ma il mio popolo non conosce e non comprende» (Is 1,2-3).
Ma, ora che ci penso meglio, non che queste parole non possano applicarsi anche a me e a tanti uomini e donne del nostro tempo, sempre indaffarati e affannati a tal punto da non poterci permettere un’ora di ascolto sincero e disinteressato della Parola di Dio… Non sarà che tutte queste bestie hanno qualcosa da insegnare anche a me?
Nelle immagini che rappresentano il prodigio, il contadino con la verga tenta invano di far alzare la vitella, non capendo l’importanza del momento, mentre il Padre Provinciale dei frati è in atto di benedizione. Ma guardando la vitella (il fatto da contemplare) lo sguardo va al Crocifisso, ricordandoci così che questo prodigio ha come unico scopo la gloria del Signore. È proprio per la gloria di Dio che siamo stati creati e che viviamo; direbbe san Francesco: «considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto il Signore Dio, perché ti ha creato e formato a immagine del suo Figlio diletto secondo il corpo e a similitudine di lui secondo lo spirito» (Adm V, 1).
Ma… tornando alla data della nostra festa: che smacco quando pochi giorni fa ho scoperto, leggendo un po’ di documentazione, che essa trae origine dal fatto che fu proprio di 26 luglio che il Crocifisso venne traslato dal chiostro – ove si trovava il giorno del miracolo – all’interno della chiesa dove gli si sarebbe potuto conferire maggior onore. Dunque, la data del 26 luglio non testimonia la stoltezza del popolo di Romagna, ma piuttosto la fede della nostra gente! Poveri contadini… e io che avevo pensato male di loro! E giudicando loro, avevo in fondo giudicato me stesso!
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